Niente comunicatori e nessun commissariamento (per ora), ma l’Istituto dovrà tagliare prestazioni e spese e poi aumentare i contributi. A meno che, finalmente, non si passi al piano B…
di Daniela Stigliano – Consigliera generale Inpgi e Giunta Fnsi di Unità Sindacale (Movimento con propri rappresentanti in Fnsi, Inpgi, Casagit, Fondo di previdenza complementare e Ordine dei Giornalisti)
Comunque vada, sarà un disastro. Per tutti. Per i giornalisti dipendenti, che subiranno certamente una nuova riforma (peggiorativa) delle pensioni future e che potrebbero doversela addirittura pagare con contributi aggiuntivi (e quindi retribuzioni ridotte, se non peggio). Con ogni probabilità per i pensionati, che si potrebbero ritrovare con un assegno fortemente tagliato. E, alla fine, pure per l’Inpgi e per i suoi dipendenti, che potrebbero subire un pesante ridimensionamento.
L’emendamento governativo al decreto Crescita, approvato alla Camera il 21 giugno e che entro fine giugno dovrebbe passare anche al Senato e diventare legge, evita sì il commissariamento del nostro Istituto previdenziale fino al 31 ottobre 2019. Ma chiede un prezzo altissimo a tutti noi per tentare (inutilmente) di tenere in piedi un Ente in profondo rosso e destinato al default che qualcuno, con scarsa (a dir poco) lungimiranza, si ostina a voler mantenere in vita a dispetto e “contro” tutto e tutti, senza voler neppure prendere in considerazione possibili alternative per salvare le pensioni dei giornalisti, come noi chiediamo da tempo (leggi qui).
Il percorso fissato dalla nuova norma è scandito da impegni e date precisi, da oggi al 2022, che gli organismi dell’Inpgi dovranno rispettare. E che tracciano i sacrifici richiesti ai giornalisti. Vediamo come.