Processo Inpgi-Sopaf, Toschi contro Camporese: conti svizzeri e giocate al casinò

L’ex ad di Adenium in aula: un altro conto a Ginevra, 40 viaggi a Lugano e a Klagenfurt e le quote Fip “a rischio”

L'ex presidente dell'Inpgi, Andrea Camporese
L’ex presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese

Al processo Sopaf in corso a Milano ieri è stata la giornata di Andrea Toschi, ex amministratore delegato di Adenium sgr, che – oltre a essere uno degli imputati – figura tra i testimoni chiamati dal pm Gaetano Ruta per interrogarli sulle vicende dell’ex presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese (leggi qui l’elenco di tutti i testi), rinviato a giudizio con l’accusa di corruzione e truffa aggravata ai danni dell’Ente. Riportiamo qui di seguito la cronaca fatta dall’Ansa.

Rispetto a quanto finora noto (leggi qui, qui e qui), tre gli elementi di novità in base all’interrogatorio in aula di Toschi e alle ricostruzioni di Ruta: l’apertura di un conto corrente da parte di Camporese a proprio nome nella filiale di Deutsche Bank a Ginevra, mai utilizzato, a cui poi sarebbe seguita l’accensione del conto amministrato fiduciariamente presso la Bsi di Lugano; i viaggi al casinò di Lugano (38) di Toschi con l’ex presidente dell’Inpgi e uno anche al casinò di Klagenfurt, in Carinzia, con pernottamento a carico di Adenium sgr; la consapevolezza da parte di Camporese che una parte delle quote del Fip acquistate dall’Istituto di previdenza per 30 milioni di euro, che avrebbero fruttato 7,6 milioni di plusvalenza alla Sopaf, provenissero da una società in fallimento e quindi a rischio di revocatoria e di causare un danno al compratore, cioè all’Inpgi.

(ANSA) – MILANO, 18 OTT – “Lo voglio dire chiaramente: il dottor Camporese ha fatto molto per la società di gestione del risparmio che amministravo e di questo gliene devo dare atto”. E’ uno dei passaggi dell’interrogatorio in aula di Andrea Toschi, ex amministratore delegato della sgr Adenium del gruppo Sopaf e imputato per corruzione e appropriazione indebita nel processo che ruota intorno proprio al gruppo Sopaf.

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Tutti i testimoni del processo Inpgi-Sopaf

I più “citati” sono, com’era prevedibile, i due dirigenti del settore immobiliare dell’Inpgi ai tempi dell’acquisto delle quote del Fip (Fondo immobili pubblici) per 30 milioni di euro. Accanto a loro, compaiono i nomi di altri funzionari – di livello più o meno elevato – dell’Istituto di previdenza dei giornalisti. E, in qualche caso a sorpresa, pure quelli di amministratori “politici”, ovvero giornalisti eletti dai colleghi nei diversi organismi dell’Ente. Oltre a manager e dipendenti della Sopaf della famiglia Magnoni e della sua Adenium sgr, funzionari di banca, esperti, consulenti. E persino i vertici di una (nota) società immobiliare che dovrebbero riferire della vendita di un immobile a Padova.

È lunga la lista dei testimoni del processo Sopaf che hanno iniziato a deporre nei giorni scorsi a Milano, tra quelli citati dal pm Gaetano Ruta e quelli chiamati invece dalle difese degli accusati. Testimoni che – vale la pena tenerlo ben presente – a differenza degli imputati, a cui è riconosciuto il diritto di mentire per non auto-incriminarsi, sono obbligati a dire tutta la verità, senza omettere nulla di quanto a loro conoscenza. Altrimenti, vanno incontro all’incriminazione penale per falsa testimonianza.

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Case Inpgi, chi ci guadagna dalla vendita? La Sgr dei Nattino e i nuovi inquilini (non giornalisti)

case inpgi targaUn industriale con 400 dipendenti e moglie stilista, che fabbrica in Sri Lanka reggiseni per Victoria’s Secret. Un proprietario di tipografie. Un imprenditore della sanità privata. Che cos’hanno in comune? Primo: non fanno i giornalisti. Secondo: sono inquilini – recenti – dell’Inpgi. Terzo: faranno un affare con la dismissione milionaria delle case del nostro Istituto di previdenza. Come lo farà, un affare, la InvestiRe Sgr della famiglia Nattino.

Basta leggere con attenzione le carte del mega-piano di vendita da 550 milioni in due anni (più altri 150 nei due successivi) degli immobili dell’Inpgi, costretto dalla profonda crisi di liquidità a far cassa con il mattone, per capire che a guadagnarci davvero saranno alla fine solo due soggetti: gli inquilini non giornalisti, soprattutto se con contratti di locazione stipulati dal 2013 in poi, e appunto la InvestiRe, società di gestione del Fondo “Giovanni Amendola”, a cui le case dell’Istituto sono state conferite negli ultimi anni, che si occuperà dell’intera operazione. Con autonomia quasi assoluta. E incassando commissioni più elevate rispetto a quanto finora previsto. Mentre tutti i giornalisti ci perderanno.

Proviamo a capire come e perché.

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L’Inpgi, le casse a secco e il “vizietto” delle delibere presidenziali

Ci risiamo. Arriva giugno, e l’Inpgi si accorge all’improvviso, da un giorno all’altro, che è un mese di scadenze fiscali e di quattordicesima mensilità per i pensionati. E siccome i rubinetti della cassa sono a secco di liquidità, ecco che si ricorre ancora una volta a una delibera presidenziale per vendere fondi per milioni di euro e far fronte agli impegni. Come se si trattasse di un’emergenza dell’ultim’ora e non di una necessità prevedibile e prevista da mesi. Nonostante un Consiglio di amministrazione riunito appena qualche giorno prima. E invocando le stesse ragioni di urgenza – guarda caso – utilizzate ai tempi dell’acquisto delle quote del Fip (Fondi immobili pubblici).

È quello che è accaduto il 6 giugno (e che era accaduto pure un anno fa e a gennaio, leggi qui, qui e qui). Forse dimentica di quanto gli uffici dell’Inpgi dicono da tempo, ovvero che le entrate non riescono a coprire le uscite per almeno una decina di milioni al mese (circa 130 milioni l’anno), la presidente Marina Macelloni si è accorta – dobbiamo immaginare con sorpresa, anche se nel giornale dove ha lavorato per una decina d’anni da caporedattorele scadenze fiscali sono il pane quotidiano – che non sarebbe riuscita a pagare Irpef, Imu/Tasi, Ires/Irap e quattordicesime.

Ha quindi deciso di gran carriera e firmato in solitudine una delibera per lo smobilizzo di investimenti finanziari per 25 milioni (qualcuno direbbe: qualcosa come 50 miliardi delle vecchie lire). E questa mattina chiederà al Consiglio di amministrazione di ratificare la sua decisione. Con la sicurezza di ottenere l’approvazione senza troppe storie, visto che la sua maggioranza è numericamente superiore a tutti gli altri consiglieri messi insieme (compresi rappresentanti degli editori e del Governo).

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Inpgi, gli sgambetti tra pensionati della lista Camporese

Elezioni Inpgi 2016 bisTutti insieme, ma in ordine sparso. Uniti ma divisi. A leggere i flussi dei voti in arrivo dalle singole regioni (tabella in basso), si scopre che i candidati pensionati al Consiglio generale dell’Inpgi della lista “L’Inpgi siamo noi – 2016” hanno lavorato più per se stessi che per la squadra. E nel gioco di sgambetti incrociati hanno lasciato sul campo cinque compagni su otto, tra cui i due “eccellenti” Enrico (Chicco) Ferri de Lazara e Giovanni Negri, entrambi aspiranti alla poltrona di vicepresidente, e il presidente dell’Unione pensionati Guido Bossa, che è stato bocciato dagli elettori dell’Inpgi1 anche nella corsa a sindaco.

A farcela sono stati alla fine gli unici due che hanno fatto asse, Marina Cosi e Paolo Serventi Longhi (quest’ultimo per il rotto della cuffia, nonostante il curriculum da segretario Fnsi per 11 anni e da vicepresidente vicario Inpgi negli ultimi quattro), che si rifanno entrambi all’area di Autonomia e Solidarietà. Oltre al siciliano Giuseppe Gulletta, che ha preso un po’ da tutti, forse perché ritenuto innocuo e quasi marginale nella competizione, ma ha dato poco o niente agli altri nella sua regione: in Sicilia si è portato a casa 61 preferenze su 80 elettori, il secondo più votato della lista, Serventi Longhi, appena 28.

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Processo Inpgi-Sopaf, così il pm Gaetano Ruta spiega la truffa da 7,6 milioni con l’investimento nel Fip

di Inpgi-La Svolta

inpgi.jpg_694560180“Il Fip ha reso quasi il 50% in sette anni”. Questo è il ritornello che cantano all’unisono tutti i candidati all’Inpgi vicini al presidente Andrea Camporese, quando si parla del processo Inpgi-Sopaf e delle accuse mosse agli imputati. Se l’investimento nel Fip ha portato un guadagno, è il loro ragionamento, perché qualcuno dovrebbe lamentarsi e addirittura ipotizzare un reato?

Il punto, però, non è questo. E chi conosce i fatti lo sa bene. Il punto sono i 7,6 milioni di euro che sarebbero stati pagati in più, sui 30 milioni complessivamente sborsati, presi dalle casse dell’Inpgi2, la gestione separata di collaboratori e freelance.

Non lo diciamo noi: lo dicono i magistrati milanesi. Per dimostrarlo, pubblichiamo alcuni passaggi di un interrogatorio in cui il pm Gaetano Ruta spiega esattamente in che cosa consista il reato di truffa contestato agli imputati nel processo Sopaf – tra i quali figura anche Camporese.

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Andrea Camporese: la fine ingloriosa di una folle corsa (sostenuta dal suo Cda). Ecco perché il presidente dell’Inpgi va a processo il 21 aprile a Milano

imagePerché il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, è stato rinviato a giudizio e sarà processato il 21 aprile? In base a quali elementi ha deciso il gup di Milano, Alessandro Santangelo? In che cosa sarebbe consistita la truffa all’Inpgi? Come e quanto avrebbe guadagnato la Sopaf dall’operazione di investimento in quote Fip (Fondo immobili pubblici) con i soldi dell’Inpgi2, la gestione di freelance e collaboratori? In che modo e per quali somme si sarebbe concretata la corruzione di cui dovrà rispondere Camporese?

A queste domande risponde il documento con cui il pm Gaetano Ruta ha presentato a Santangelo la richiesta di rinvio a giudizio per il presidente dell’Inpgi e per altri dieci indagati.

Riportiamo qui di seguito esclusivamente le parti del documento che riguardano i due capi di imputazione con cui è stato rinviato a giudizio Camporese insieme con Andrea Toschi, amministratore delegato di Adenium sgr, per l’accusa di corruzione e insieme con Alberto Ciaperoni e Gianfranco Paparella (oltre che lo stesso Toschi e Giorgio Magnoni, che ha patteggiato in un primo filone dell’inchiesta) per la truffa all’Inpgi.

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Le nostre pensioni, numeri e responsabili del disastro. #InpgiLaSvolta: il programma con le azioni da fare subito per garantire futuro e autonomia dell’Istituto

di Inpgi-La Svolta

Questi sono i numeri del dissesto dell’Inpgi, nell’andamento dal 2008 al 2015. Numeri che mettono a rischio le nostre pensioni, di oggi e soprattutto di domani:

Programma tabella def

I responsabili di questa gestione fallimentare sono sotto gli occhi di tutti: sono Andrea Camporese, presidente dall’aprile 2008, e i consiglieri di amministrazione che gli sono stati più vicini, fingendo di non vedere il disastro annunciato e poi realizzatosi.

Noi di Inpgi-La Svolta vi raccontiamo come sono andate le cose. E quali sono le azioni urgenti che, se saremo eletti, ci impegniamo a portare avanti nei nostri primi 100 giorni all’Istituto. Con l’obiettivo di riportare i conti dell’Inpgi in salute e assicurare il futuro delle nostre pensioni, il sostegno ai colleghi in difficoltà, disoccupati o coinvolti negli stati di crisi, prestazioni e garanzie aggiuntive per freelance e collaboratori e l’autonomia del nostro Istituto.

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Sopaf, l’Inpgi sapeva da un anno della truffa ai suoi danni. Ecco tutti i dettagli dell’inchiesta

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A luglio 2014 l‘Inpgi ne era pienamente consapevole, al punto da ammettere in due diverse lettere indirizzate al ministero del Lavoro (e pubblicate solo ora sulla Rete) di essere una “possibile parte offesa” e di aver dato mandato ai propri legali di “costituirsi nel procedimento penale, intendendo con ciò non solo tutelare la propria posizione nell’interesse degli iscritti, ma anche collaborare fattivamente con la Procura della Repubblica di Milano“. Non più “soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti”, come dichiarato in un comunicato di un paio di mesi prima, subito dopo la perquisizione negli uffici da parte della Guardia di Finanza. Poi tutto è cambiato, nell’autunno successivo. E l’Inpgi e il suo Cda hanno scelto la strada dell’arroccamento. Del no a ogni costo alla costituzione di parte civile nel processo avviato contro Giorgio e Luca Magnoni, padre e figlio a capo della finanziaria Sopaf, accusati anche di una presunta truffa ai danni dell’Inpgi e per 7,6 milioni di euro. Del nascondersi dietro formalismi processuali in un quadro che è da moltissimo tempo di solare chiarezza

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Processo Sopaf, quella strana “benevolenza” del Cda dell’Inpgi verso i Magnoni

Tutti tranne lInpgi, dunque. Al processo contro Giorgio e Luca Magnoni, padre e figlio a capo della finanziaria Sopaf, tutti gli enti truffati secondo la procura di Milano si sono costituiti parte civile. L’Istituto dei giornalisti, imperterrito, ha proseguito sulla strada del no. Sulla posizione attendista e rinunciataria che ha scelto da mesi il suo Consiglio di amministrazione. Nonostante le sollecitazioni arrivate da alcuni, e sicuramente da noi di Unità Sindacale. E non preoccupandosi delle conseguenze, economiche e di immagine, del suo comportamento.

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