Vittoria di Inpgi-La Svolta: si inizia (in silenzio) a squarciare il velo sui segreti di via Nizza. La trasparenza vera è però ancora molto lontana

Mimma-Iorio
Mimma Iorio, direttrice generale dell’Inpgi e responsabile della Trasparenza

Sta avvenendo tutto alla chetichella, senza annunci, in gran silenzio. E pochissimi se ne sono accorti. Ma sul sito dell’Inpgi, nella sezione “Trasparenza” (clicca qui), subito prima del Consiglio generale del 22 marzo, sono stati caricati documenti e testi che contengono informazioni e dati finora sempre negati con motivazioni infondate e arroganti. Dai nomi dei componenti dei comitati dei Comparti Uno e Due del Fondo immobiliare “Giovanni Amendola” ai numeri sull’andamento delle quote dello stesso Fondo, all’identità dei dirigenti che siedono nei comitati consultivi di altri fondi in cui investe l’Inpgi (compresi i compensi).

Dopo le richieste, le denunce pubbliche e anche le posizioni nette assunte da candidati e consiglieri generali eletti da Inpgi-La Svolta (a partire dagli esposti di Nicola Borzi: leggere qui, qui e qui), si comincia insomma a squarciare il velo su alcuni dei segreti che si nascondono nelle stanze di via Nizza. Solo un primissimo, timido passo, sia ben chiaro. Perché tantissimo resta da fare. Ma sicuramente una vittoria per noi e per chi ci ha sostenuto. Sperando che l’elezione di una presidente in assoluta continuità con il passato come Marina Macelloni non rappresenti uno stop a questo percorso.

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Inpgi, gli sgambetti tra pensionati della lista Camporese

Elezioni Inpgi 2016 bisTutti insieme, ma in ordine sparso. Uniti ma divisi. A leggere i flussi dei voti in arrivo dalle singole regioni (tabella in basso), si scopre che i candidati pensionati al Consiglio generale dell’Inpgi della lista “L’Inpgi siamo noi – 2016” hanno lavorato più per se stessi che per la squadra. E nel gioco di sgambetti incrociati hanno lasciato sul campo cinque compagni su otto, tra cui i due “eccellenti” Enrico (Chicco) Ferri de Lazara e Giovanni Negri, entrambi aspiranti alla poltrona di vicepresidente, e il presidente dell’Unione pensionati Guido Bossa, che è stato bocciato dagli elettori dell’Inpgi1 anche nella corsa a sindaco.

A farcela sono stati alla fine gli unici due che hanno fatto asse, Marina Cosi e Paolo Serventi Longhi (quest’ultimo per il rotto della cuffia, nonostante il curriculum da segretario Fnsi per 11 anni e da vicepresidente vicario Inpgi negli ultimi quattro), che si rifanno entrambi all’area di Autonomia e Solidarietà. Oltre al siciliano Giuseppe Gulletta, che ha preso un po’ da tutti, forse perché ritenuto innocuo e quasi marginale nella competizione, ma ha dato poco o niente agli altri nella sua regione: in Sicilia si è portato a casa 61 preferenze su 80 elettori, il secondo più votato della lista, Serventi Longhi, appena 28.

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Fnsi, la maggioranza fa spazio a un pezzo delle opposizioni per eleggere Giulietti. Ma il vero obiettivo è silenziare lo scandalo Inpgi-Sopaf

imagedi Sergio Stella

Spazio a un pezzo delle opposizioni. Per eleggere Beppe Giulietti presidente della Fnsi e, soprattutto, fare quadrato intorno agli attuali assetti dell’Inpgi e al presidente dell’Istituto, Andrea Camporese, sulla cui testa pende la richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Milano per corruzione e truffa aggravata ai danni della Cassa di previdenza dei giornalisti italiani (leggi qui).

C’è molto di diverso dalla motivazione di facciata di una maggiore unita del sindacato, dietro l’allargamento della maggioranza alla compagine di Stampa libera e indipendente, che al Congresso di Chianciano era schierata con veemenza e determinazione contro la scelta di Raffaele Lorusso come segretario generale, al punto da contrapporgli come candidato il suo leader Carlo Parisi. Raccogliendo il consenso di 70 voti tra tutti coloro che si opponevano all'”accorduni” (copyright del consigliere nazionale calabrese Luciano Regolo nel suo pezzo post-Congresso da leggere qui, insieme con la cronaca riportata qui) voluto da Camporese e appoggiato dall’ex segretario Fnsi Franco Siddi (ora consigliere di amministrazione della Rai).

Le ragioni vere vanno ricercate dalle parti di via Nizza. Come dimostrano i racconti delle riunioni preparatorie e delle manovre in corso.

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Presidente Fnsi, vigilia di sfide e di ricatti. Capss e Lombarda arroccati su Giulietti contro tutti, ma da soli non hanno i numeri

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Beppe Giulietti

di Sergio Stella

L’ultima chance di trovare un accordo è affidata alle ultimissime ore prima del voto del Consiglio nazionale di domani, mercoledì 7 ottobre, che dovrebbe scegliere il nuovo Presidente della Fnsi. Ma la maggioranza che ha in mano il Sindacato dei giornalisti dopo il Congresso di Chianciano si presenta alla vigilia dell’appuntamento ancora più spaccata e lacerata, tra dibattiti lunghi e accesi, riunioni ufficiali e segrete, prove di forza, iniziative provocatorie, ricatti e ultimatum. Che sono andati in scena per tutta l’ultima settimana fino alla serata di ieri. E che con ogni probabilità continueranno pure oggi.

Tutto ruota intorno a quello che la maggioranza della maggioranza, ovvero il Capss insieme con la Lombarda e altre aree minori, considera l’unico e solo candidato possibile: Beppe Giulietti. Un nome che non va giù alla minoranza della maggioranza, che da Roma si estende alla Toscana e all’Umbria, all’Emilia Romagna, al Piemonte e alle Marche. E che non ha fatto ritirare dalla competizione l’altro candidato rimasto in gioco, Paolo Butturini.

Il punto vero è però un altro: nessuno dei due schieramenti che si fronteggiano ha i voti per eleggere da solo il presidente. Tanto che qualcuno azzarda la previsione di un Consiglio non solo lungo ma forse anche non risolutivo.

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Presidenza Fnsi, De Bortoli candidato (a sua insaputa?). Ma è il nome di Giulietti a spaccare la maggioranza

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Beppe Giulietti

di Sergio Stella

Ferruccio De Bortoli candidato (a sua insaputa?) alla presidenza della Fnsi. Il nome dell’ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore ha fatto irruzione nella riunione della maggioranza che guida la Federazione che si è tenuta a Roma a inizio settimana, accanto a quello – scontato – di Beppe Giulietti. Creando un iniziale sconcerto e un certo disorientamento, che era forse lo scopo per cui la candidatura sarebbe stata avanzata, e suscitando poi qualche sorriso (ironico), quando il gioco è stato scoperto.

La consultazione tra i “referenti delle aree politiche e territoriali” affidata al segretario generale Raffaele Lorusso ha sortito, a distanza di una settimana dalla prima riunione (riportata nell’articolo consultabile qui), un unico vero risultato: è stato portato allo scoperto il nome finora sussurrato di Giulietti. Ma la conseguenza, forse inaspettata, è stata di spaccare ancora di più la maggioranza.

La candidatura di De Bortoli, a quel punto, sarebbe stata un diversivo per arrivare a ricompattare tutti sull’ex segretario Usigrai, cinque volte parlamentare e portavoce dell’associazione Articolo21. Ma sembra non sia bastato. Con buona pace della voce, che in molti tentano di far circolare, a Roma come a Milano, che l’accordo su Giulietti sia stato sancito e accettato dall’intera maggioranza.

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Sopaf, l’Inpgi sapeva da un anno della truffa ai suoi danni. Ecco tutti i dettagli dell’inchiesta

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A luglio 2014 l‘Inpgi ne era pienamente consapevole, al punto da ammettere in due diverse lettere indirizzate al ministero del Lavoro (e pubblicate solo ora sulla Rete) di essere una “possibile parte offesa” e di aver dato mandato ai propri legali di “costituirsi nel procedimento penale, intendendo con ciò non solo tutelare la propria posizione nell’interesse degli iscritti, ma anche collaborare fattivamente con la Procura della Repubblica di Milano“. Non più “soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti”, come dichiarato in un comunicato di un paio di mesi prima, subito dopo la perquisizione negli uffici da parte della Guardia di Finanza. Poi tutto è cambiato, nell’autunno successivo. E l’Inpgi e il suo Cda hanno scelto la strada dell’arroccamento. Del no a ogni costo alla costituzione di parte civile nel processo avviato contro Giorgio e Luca Magnoni, padre e figlio a capo della finanziaria Sopaf, accusati anche di una presunta truffa ai danni dell’Inpgi e per 7,6 milioni di euro. Del nascondersi dietro formalismi processuali in un quadro che è da moltissimo tempo di solare chiarezza

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