I costi dell’Inpgi/1 Cda e Consiglieri guadagnano sempre più: in 8 anni aumento medio del 39%. Sindaci a +14%

Quanto costa la macchina che fa muovere l’Inpgi? Nel 2014, per le cosiddette spese di struttura, che vanno dal personale ai beni e servizi, comprese le spese girate alle Associazioni di stampa che funzionano come sedi decentrate, fino agli organi e altro, l’Istituto ha speso in tutto 24,8 milioni di euro, in diminuzione dell’1,6% rispetto ai 25,2 milioni del 2013, anche se nel preventivo 2015 la voce è ipotizzata in crescita fino a 25,9 milioni. Il valore assoluto, però, dice poco. Bisogna capire quanto questi costi pesano sul complesso delle attività dell’Inpgi. E mettere il risultato a confronto con altre realtà previdenziali. Ebbene, sul totale delle entrate per contributi, il peso è del 6,07% (era del 6,06% l’anno precedente), sul volume gestito, ovvero la somma di entrate contributive e spese per prestazioni, è pari al 2,76% ed è del 4,82% sul totale delle uscite. L’Inps, per esempio, nel 2013 aveva un’incidenza delle spese di funzionamento sul movimento dei flussi previdenziali e assistenziali dell’1,6%, che nel 2014 è stato in ulteriore diminuzione. Mentre l’Enpals, nel 2010, l’anno prima di confluire nella stessa Inps, aveva un rapporto dei costi di struttura dell’1,84% sul volume gestito, considerato comunque elevato, e del 2,82% sul totale delle uscite. 

Anche la composizione percentuale delle voci all’interno dei costi fa riflettere. Il personale, per esempio, incide per oltre il 66% sulle uscite per funzionamento, contro il 50% dell’Inps e il 64% dell’Enpals pre-integrazione. Gli organi sono addirittura al 5,6% rispetto all’1,5% della cassa di sportivi e lavoratori dello spettacolo. Eppure, nella riforma studiata dal Cda dell’Inpgi per tentare – in ritardo – di porre rimedio a uno squilibrio previdenziale cresciuto negli anni, non si parla in nessun modo di mettere mano ai costi della struttura. Né di quale sia stata la dinamica di queste spese negli anni della crisi. Proviamo a fare un’analisi per capirne di più, iniziando dalle uscite per gli organi sociali del nostro Istituto.

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Gabriele Cescutti
Andrea-Camporese
Andrea Camporese

di Daniela StiglianoGiunta Esecutiva Fnsi

Otto anni di crisi, per i giornalisti. Otto anni di testate chiuse, migliaia di posti di lavoro persi, cassa integrazione, contratti di solidarietà, pensionamenti anticipati, disoccupazione. Per non parlare delle condizioni sempre peggiori di freelance e collaboratori. Otto anni di bilanci dell’Inpgi in trend negativo, salvati finora solo da vendita di investimenti liquidi e rivalutazione (sulla carta) del valore degli immobili. Eppure, ai piani alti di via Nizza, nello stesso periodo, i risparmi non sono stati troppo di casa. Soprattutto se si parla dei compensi del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale, cresciuti di un terzo tra il 2007 (ultimo anno di presidenza di Gabriele Cescutti) e il 2014 (settimo anno di presidenza di Andrea Camporese).

Negli otto anni di crisi i costi per gli organi sociali dell’Istituto sono aumentati complessivamente quasi dell’11%, il 10,9% per l’esattezza, per un totale di 1,388 milioni di euro lo scorso esercizio, rispetto a 1,252 milioni del 2007, con la previsione 2015 di salire a 1,576 milioni. In verità, già tra il 2011 e il 2012 erano arrivati addirittura a superare la soglia di 1,5 milioni, e qualche tentativo di contenere le spese è stato fatto. Ma con risultati molto differenti tra le varie voci di uscita (qui è possibile scaricare la tabella completa in formato .pdf).

Partiamo dai risparmi. Il taglio percentualmente più importante è stato fatto con le Commissioni consultive e di studio, quasi il 70%: dai 21.663 euro del 2007 ai 6.572 euro dell’anno scorso. Anche le spese di rappresentanza si sono ridotte quasi del 33%, da circa 38 mila a poco più di 25 mila euro (e nel 2013 erano addirittura scese a 16 mila). Così come i rimborsi spese sono diminuiti di circa il 30% (29,4%) da 355 mila a 251 mila euro, con un intervento massiccio in particolare tra il 2012 e il 2013, per un taglio di quasi 130 mila euro.

Il punto è che ad aumentare del 38,7% è stata la voce più importante in valore: i compensi e le indennità di Cda e altri Organi collegiali (il Consiglio generale, per esempio). Mentre per il Collegio sindacale la crescita è stata del 14,4%. I giornalisti che occupano cariche nell’Istituto previdenziale di categoria, insomma, hanno incassato di più come importo annuo fisso e garantito. Nel 2007 il totale dei due capitoli di spesa era pari a 782 mila euro, nel 2014 era sopra il milione, esattamente a quota 1,031 milioni, il punto più alto mai raggiunto. E questo nonostante in questi anni all’esterno, tra i giornalisti, sia passato il messaggio di interventi successivi decisi dai consiglieri di amministrazione per ridursi i compensi. Il che non è del tutto errato. Ma certo insufficiente.

La fotografia di partenza è quella del 2007, quando ancora non si immaginava neppure quel che sarebbe accaduto in così pochi anni. L’indennità annua del presidente Cescutti è pari a 147.590 euro, per il vicepresidente vicario è di 74.247 euro (37.575 ridotta), 59.578 (30.249 ridotta) per il vicepresidente di nomina Fieg (che avrebbe però rinunciato ai compensi come gli altri rappresentanti degli editori), i consiglieri di amministrazione non pensionati e i sindaci, se non hanno altri redditi di lavoro percepiscono quasi 45 mila euro l’anno, altrimenti l’indennità ridotta è pari a 22.781 euro, mentre i consiglieri pensionati senza altri redditi da lavoro o assimilati prendono 37.575 euro altrimenti 19.027. Infine, il presidente del Collegio sindacale ha diritto a 52.243 euro l’anno di indennità. Il gettone di presenza per tutti i consiglieri generali (cda compreso) e per gli esperti delle commissioni consultive è di 61,98 euro a riunione (non a giornata: per due o più riunioni riunioni in una stessa data, il gettone raddoppia e così via).

Nel 2008, a febbraio, si svolgono le elezioni, si rinnova la presidenza e cambiano in parte i membri del Cda. Il 28 maggio di quell’anno si prendono le prime decisioni: prima di tutto, si equipara a partire dal 18 aprile l’indennità dei consiglieri di amministrazione pensionati (vicepresidente vicario escluso) e del rappresentante dell’Inpgi 2 in Cda a quella dei consiglieri non pensionati e dei sindaci, inoltre si ritocca dallo stesso mese il gettone di presenza fino a 80 euro, sempre a riunione. Si delibera anche di attribuire al presidente, oltre all’indennità intera prevista, anche una somma di ristoro economico per compensare gli effetti della sospensione del rapporto di lavoro, in particolare per il mancato accantonamento del Tfr e per il pagamento dei contributi previdenziali, per un importo di 45 mila euro. Le indennità degli altri esponenti aumentano per il normale adeguamento annuo, con una dinamica che le vedrà crescere tutte in sette anni di circa il 13,5% (il 2013 è l’ultimo dato disponibile). Con l’eccezione dei consiglieri pensionati che, in virtù dell’equiparazione con gli altri, segnano nello stesso periodo un balzo del 35-36%. E compresa quella del presidente del Collegio sindacale, che passa da 52 mila a 59 mila euro dal 2007 al 2013.

Un anno e mezzo dopo, il 26 novembre 2009, il cda vota un’altra delibera, che lega direttamente l’indennità del presidente alla retribuzione del direttore generale (al netto di eventuali premi di risultato): la prima sarà pari alla seconda maggiorata del 10%, cioè 221.426 euro in quel momento, con effetto retroattivo dal luglio 2009 (da gennaio a giugno era 154.380 euro). Dalla stessa data al ristoro economico si aggiunge anche il pagamento della Casagit e del Fondo di previdenza complementare: 7.644 euro. Un totale, a fine anno, di circa 240 mila euro rispetto ai 165.156 del 2008 (per circa dieci mesi di incarico). Una cifra che negli anni, per effetto dell’evoluzione retributiva dei direttori generali che si susseguono e dell’aumento di ristoro economico e somma destinata a Casagit e Fondo, arriva nel 2013 (ultimo dato disponibile dalla relazione della Corte dei Conti) a 314.644 euro, con una crescita complessiva dal 2007 del 113,2% (+73,3% la sola indennità). Sempre dall’esercizio 2009, nel bilancio non viene più separata la cifra relativa all’indennità del presidente rispetto a quella dei compensi degli Organi collegiali, ma si accorpano le due voci in un’unica uscita.

Il 26 aprile 2012 una circolare inviata a tutti gli iscritti comunica che il cda dell’Inpgi, appena insediato dopo le elezioni di fine inverno, ha deciso di ridurre le commissioni consultive da 14 a 10 (a cui si aggiunge un gruppo di lavoro su “Interventi straordinari e welfare di categoria” che “avrà il compito di approfondire le tematiche relative ad un welfare comune sul tema delle prestazioni integrative, in connessione con gli altri Enti di categoria”). Nella stessa circolare i consiglieri di amministrazione annunciano di rinunciare al gettone da 80 euro quando partecipano alle riunione delle commissioni consultive. Il presidente lo definisce “un gesto di grande importanza e responsabilità”. E gli effetti della doppia decisione si fanno infatti sentire sulle spese delle commissioni, che passano in un anno da 17 mila a 10 mila euro, per poi decrescere ancora fino ai 6.572 del 2014.

Ma può mai bastare, un “sacrificio” sui gettoni di presenza, pur unito a risparmi su spese di rappresentanza e rimborsi, se le indennità continuano a crescere per la rivalutazione annuale e, insieme ai compensi vari, spostano sempre più all’insù le spese totali degli organi sociali? E non sarebbe stato il caso che, per senso di responsabilità e di rispetto verso tanti colleghi in difficoltà, nell’ipotesi di intervento su contributi e prestazioni che il Cda ha appena presentato fossero inclusi tagli non simbolici ai compensi dei giornalisti consiglieri e sindaci, in particolare di chi gode già di stipendi, spesso anche generosi, e di pensioni pre-riforma?

(1 – continua)

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